È tempo di pagelle e molti bambini e ragazzi potrebbero trovarsi a vivere momenti di disagio relativo al verificare che i propri risultati a scuola non sono in linea con le loro aspettative e aspirazioni o con quelle dei loro genitori… Prendere brutti voti in pagella può capitare ed è importante considerare che il voto non decreta il valore di un individuo ma semplicemente definisce il livello di conoscenza acquisito rispetto a determinati contenuti didattici.
È possibile tuttavia che i brutti voti provochino una condizione di ansia nel bambino e nel ragazzo e se tale condizione dovesse divenire troppo pesante sarebbe bene cercare di fermarsi e capire cosa sta succedendo. In effetti le ragioni sottostanti alle problematiche di rendimento a scuola possono essere le più svariate. Possono dipendere da momenti di stanchezza e di scarsa motivazione a coinvolgersi nelle attività di studio, d’altronde a tutti può succedere di sentirsi privi di energia e di aver bisogno di “mollare un po’ la corda”. Ma si potrebbe trattare anche di difficoltà legate ai processi di studio. Tali processi sono complessi e richiedono l’acquisizione e lo sviluppo di specifiche competenze relative sia a come studiare sia a come organizzarsi per poter essere efficaci nei compiti di apprendimento. Ciò significa possedere un buon metodo di studio ma anche incrementare le capacità metacognitive legate al pianificare gli obiettivi di studio, definire tempi e strategie di apprendimento, mettere in atto attività di monitoraggio e valutazione di quanto si sta facendo autoregolando contemporaneamente i propri comportamenti e stati emotivi (Schenk e Zimmerman, 1994). Acquisire un efficace metodo di studio richiede tempo e il poter beneficiare di insegnamenti e supporti adeguati ma, se questo è il problema sottostante ad uno scarso rendimento, con pazienza e costanza e con l’aiuto degli adulti di riferimento, genitori ed insegnanti, è possibile gestire in maniera più competente i compiti di apprendimento con un conseguente miglioramento dei voti.
I brutti voti possono dipendere anche dalla presenza di condizioni di Dislessia e Disprassia. La Condizione dislessica comprende sempre Dislessia, Disgrafia e Disturbi delle abilità matematiche, si tratta infatti di un disturbo integrato (P. Crispiani, 2012), e rappresenta un Disturbo delle Funzioni esecutive nel senso della Disprassia, una forma di disordine funzionale quindi, non di deficit. La Dislessia è un Disturbo della esecuzione del leggere, scrivere, contare, incolonnare, comprendere il testo dei problemi, ecc. e, per effetto di ciò, può disturbare gli apprendimenti scolastici (P. Crispiani, 2012). Le condizioni di dislessia e disprassia implicano costantemente una forma di Dislateralità presente o pregressa che può essere trattata attraverso la realizzazione di specifici percorsi psicoeducativi. Per supportare adeguatamente gli studenti che dovessero presentare problematiche di dislessia e disprassia è però fondamentale rivolgersi ad un professionista, psicologo/a e/o insegnante/pedagogista esperto nel trattamento di questo tipo di disturbi, che effettui innanzitutto una corretta diagnosi e realizzi un progetto di intervento in linea con le problematiche evidenziate.
Infine è bene considerare che scarse prestazioni scolastiche possono avere a che fare con eventi contingenti che sono difficili da gestire da parte del bambino dal punto di vista affettivo quali ad esempio la separazione dei genitori, problemi a livello socioeconomico e lavorativo degli adulti di riferimento, lutti in ambito familiare, etc. Tutti questi eventi possono avere un impatto molto rilevante sull’equilibrio psicologico dei genitori e di conseguenza su tutto il sistema familiare, figli compresi. A proposito di ciò è importante considerare che i bambini sono “spugne” dal punto di vista emotivo e assorbono il clima affettivo che si viene a creare all’interno del contesto familiare di riferimento. È evidente quindi che, in relazione a determinate crisi che si possono verificare nella famiglia, può conseguire un malessere psicologico del bambino che va naturalmente a influire anche sul mondo esterno e quindi la scuola e le relazioni con i coetanei. In riferimento a quanto sopra diviene prioritario, quindi, osservare il bambino e verificare la presenza di segnali specifici di disagio che si possono presentare anche per quanto riguarda l’andare a scuola e il mdedicarsi ad attività sportive o di tempo libero. Tra questi segnali troviamo sintomi di tipo fisico come ad esempio mal di testa, giramenti, tremori, difficoltà respiratorie, tachicardia e dolori addominali. A livello cognitivo ed emotivo il malessere psichico potrebbe esprimersi con preoccupazioni eccessive a proposito del proprio successo scolastico, pensieri ricorrenti di fallimento, scarsa autostima e basse credenze di efficacia, confusione, irritabilità, timore di non riuscire a gestire gli impegni scolastici. A livello di comportamento potremmo notare che il bambino cerca di evitare gli stimoli e le situazioni che gli provocano stress, così da potersi sottrarre al vissuto disagevole che sta sperimentando (Morosini P., 2021).
Se le problematiche relative al rendimento scolastico dovessero dipendere da situazioni di crisi familiare o individuale può essere importante rivolgersi ad un professionista, psicologo psicoterapeuta, che effettui una adeguata diagnosi del funzionamento psichico a livello personale e familiare ed elabori un percorso psicoterapeutico finalizzato a sostenere il bambino nel superamento della situazione di difficoltà.
È fondamentale infine ricordare che si va a scuola non per essere sempre di più ma per divenire sé. Attraverso la scuola è possibile infatti, se sostenuti adeguatamente dagli adulti di riferimento, esplorare i propri interessi, scoprire i propri talenti, mettersi in gioco su molteplici fronti, sperimentarsi e tutto ciò con l’obiettivo che i bambini un po’ alla volta possano acquisire una propria autonomia, sicuri che nel provare si può e si deve anche sentirsi liberi di poter sbagliare.